
La Chiesa del Carmine e la Cappella Brancacci a Firenze
Nel cuore dell’Oltrarno fiorentino la Chiesa e il Convento carmelitano di Santa Maria del Carmine, con al suo interno la Cappella Brancacci ed i celebri affreschi di Masaccio, Masolino e Filippino Lippi, sono un importante riferimento della Città sin dal tredicesimo secolo.
A Firenze l’Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo, i Carmelitani, è presente prima del 1267. L’impegno dell’Ordine e la venerazione della tavola della Madonna del Popolo danno l’impulso a costruire un grande convento per accogliere quest’ordine mendicante. Insieme agli agostiniani di Santo Spirito, i carmelitani diventano il punto di riferimento spirituale dell’Oltrarno fiorentino. Il trenta giugno 1268 viene posta la prima pietra della chiesa e del convento dei Padri carmelitani, dopo due anni c’era già una piccola chiesa e viene tracciata, di fronte, una grande piazza, com’era stato fatto a Santa Maria Novella per i domenicani e a Santa Croce per i francescani. Al suo interno, la Cappella Brancacci ospiterà straordinari affreschi di Masaccio, Masolino e Filippino Lippi.
La grande rivoluzione degli ordini mendicanti è quella della comunicazione: le prediche vengono fatte non più in latino ma nella lingua del popolo, il volgare. Serve quindi uno spazio dove raccogliere i fedeli per le orazioni e per il teatro sacro. Ecco quindi le piazze, nuovi spazi che non sono presenti nella parte più antica di Firenze, nel cosiddetto quadrilatero romano (tra Piazza del Duomo – San Giovanni e Piazza della Signoria).
La facciata della Basilica resta incompiuta (come per la Basilica di San Lorenzo e per San Frediano al Cestello), il campanile viene distrutto dall’incendio del 1771. Nel 1422 la chiesa è consacrata: erano presenti Masaccio, Brunelleschi, Donatello e Masolino, immortalati da Masaccio nel perduto affresco a terra verde, Sagra. Nel 1568 Giorgio Vasari, su committenza di Cosimo I de’ Medici, abbatte il tramezzo. Si tratta di una pronta ed efficiente risposta ai nuovi dettami del Concilio di Trento (1545-1563), che pongono al centro l’eucaristia nei tabernacoli e cibori per sottolineare, in opposizione a Lutero, il dogma della transustanziazione.


Come per Santa Maria Novella e Santa Croce, Giorgio Vasari apporta modiche alle navate aprendo delle cappelle. Il 29 gennaio 1771 c’è un terribile incendio – erano appena finiti i lavori con i quali si erano sostituite le capriate a vista con soffitto ligneo intagliato e affreschi – dal quale si salvano solo le Cappelle Brancacci e Corsini. Giuseppe Ruggeri e Giulio Mannaioni ricevono l’incarico di ricostruzione. La Cappella Corsini è uno dei massimi e rari esempi di barocco a Firenze. È dedicata a Sant’Andrea Corsini, nel 1675 Pier Francesco Silvani riceve l’incarico in qualità di architetto di progettare la cappella, Luca Giordano affresca la cupola nel 1683, le tre tavole marmoree vengono commissionate a Giovanbattista Foggini, superbo maestro in scultura, oreficeria e sublime disegnatore di cornici e arredi.
Il Chiostro
Il Chiostro più antico è quello da cui si accede da Piazza del Carmine, risale all’edificazione della Basilica. A causa del cattivo stato di conservazione viene ricostruito tra il 1597 ed il 1612. Dal chiostro è possibile accedere alla Sala Vanni, dov’è conservato Il Cenacolo di Alessandro Allori e l’affresco di Giovanbattista Vanni raffigurante Gesù in casa di Simone Fariseo e alla Sala della Colonna. Dal chiostro si accede alla biglietteria e alla Cappella Brancacci, mentre l’accesso alla Basilica e dalla facciata.
Felice Brancacci
Dalla metà del XIV secolo al 1780 la Cappella – oggi dedicata alla Madonna del Popolo – è stata di patronato della famiglia Brancacci, ricchi commercianti di tessuti, per poi passare ai Riccardi. Uno dei membri della consorteria, Piero di Piuvichese, prima del 1367, anno della sua morte, lascia la somma sufficiente per l’edificazione della cappella. Prosegue la tradizione di famiglia Serotino di Silvestro, che dona per la decorazione pittorica cinquanta fiorini. La somma non è sufficiente per la realizzazione, ma attesta comunque l’impegno della famiglia. Felice di Michele Brancacci, nipote di Piero Piuvichese, è il committente del ciclo pittorico che è stato ed è il Pantheon della pittura rinascimentale. Con lui la famiglia, attraverso il proprio patronato, si lega alla cappella. Felice, anche lui setaiolo, riceve dal governo cittadino incarichi politici e militari, nonché importanti compiti di natura diplomatica, che coronano la sua posizione sociale e politica. Commissionare gli affreschi al Carmine, per i quali il mercante vende beni immobili, testimonia la volontà di manifestare visivamente il prestigio della famiglia in una basilica tra le più importanti in Città. Felice sposa Lena Strozzi, la figlia di Palla e partecipa col suocero alla cacciata di Cosimo il Vecchio de’ Medici da Firenze nel 1433. Un anno dopo, al suo rientro, lo Strozzi e tutti suoi alleati sono cacciati e nel 1458 subiscono la damnatio mamoriae. La Cappella Brancacci viene dedicata al culto mariano e rimane incompiuta, viene terminata da Filippino Lippi, come vedremo, quando il bando contro la famiglia Brancacci viene ritirato (1474) nel 1481-1482 o 1484-1485.
La Cappella Brancacci
Masolino da Panicale (Tommaso di Crostoforo Fini), Masaccio (Tommaso di Ser Giovanni di Mone Cassai) e Filippino Lippi (figlio di Filippo, anch’egli maestro pittore, che era stato frate al convento del Carmine e che aveva visto sui ponteggi i grandi Maestri), sono gli autori degli affreschi della Cappella. Masaccio è amico di Brunelleschi (con lui va a Roma per il giubileo del 1423) e di Donatello: sono i tre pilastri del primo Rinascimento. Nel 1425 Masolino e Masaccio si affiancano sui ponteggi della Cappella; realizzano dieci affreschi ciascuno. Nel settembre 1425 Masolino lascia il lavoro per un impegno in Ungheria e Masaccio nel 1428 va a Roma, dove muore, giovanissimo, a soli ventisette anni. Il ciclo, completato da Filippino Lippi (che dopo molti anni lo chiude armonicamente), è dedicato alle Storie di San Pietro, dipinte cronologicamente da sinistra a destra.


Sul pilastro all’ingresso, in senso opposto, a sinistra La Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre di Masaccio e a destra la Tentazione di Adamo ed Eva di Masolino. I progenitori sono ritratti da Masolino con un richiamo alla tradizione mediterranea con la pianta del fico al posto della mela (iconografia più nordica), i loro corpi solidi rimandano alla statuaria classica e alla riscoperta della scultura romana. Nella Cacciata di Masaccio Adamo ed Eva esprimono tutta la drammaticità dell’evento, il limite umano che li ha spinti oltre portandoli all’esilio. I due, di fronte alle loro nudità ormai rivelate, si coprono. La modernità di Masaccio, spesso per rivoluzione messo in parallelo a Giotto, si manifesta nei potenti gesti espressivi, nella tridimensionalità scultorea, nei sentimenti e nei gesti umanissimi, narrati con grande sapienza tecnica. I due Grandi confrontano le loro poetiche durante il racconto pittorico, realizzando il capolavoro della pittura quattrocentesca, musa ispiratrice per Raffaello, Michelangelo e moltissimi altri Maestri. Ricordando Michelangelo, Giorgio Vasari racconta che proprio qui al Carmine Pietro Torrigiano, mosso da invidia di vederlo più onorato di lui gli avrebbe tirato il pugno che lo segnò per sempre. Una visita guidata alla Cappella Brancacci traccia il punto di partenza e di arrivo per tutti i viaggi a Firenze, nell’arte.
Maggiori informazioni sulla Chiesa del Carmine e sulla Cappella Brancacci a Firenze
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