
Palazzo Vecchio, il cuore politico di Firenze
Palazzo Vecchio, già Palazzo dei Priori, è il cuore politico di Firenze da prima dell’avvento dei Medici. Si affaccia su Piazza della Signoria, unitamente al percorso museale ospita ancora oggi il Comune di Firenze.
Piazza della Signoria, già cardine meridionale della Florentia romana di cui si leggono, sotto l’omonimo Palazzo della Signoria – oggi noto come Palazzo Vecchio – le tracce del teatro e dell’antica colonia, è il cuore politico di Firenze dal 1299, data in cui Arnolfo di Cambio, affermato architetto e scultore, dà inizio ai lavori della Fabbrica del Palagio dei Priori.
Palazzo Vecchio, solenne e sobria fortezza, nasce per proteggere e ospitare il Governo della Città, di cui i priori – rappresentanti delle corporazioni maggiori – erano parte attiva e rilevante. Siamo in un periodo politico complesso: dopo la vittoria del partito guelfo contro quello ghibellino (definitivamente sconfitto a Campaldino nel 1289), ci fu un’ulteriore spaccatura tra guelfi bianchi e guelfi neri. Per difendersi da tentativi di offese e corruzioni ecco l’edificazione del Palagio, con un doppio camminamento di ronda, i ballatoi, i piombatoi. L’unitarietà architettonica di questo progetto andrà presto perduta: prima tra il 1342 ed il 1343 (apertura della piazza antistante, rafforzamento difensivo con edificazione di antiporte su di essa, apertura di un passaggio privato e annessione di un secondo blocco ben visibile sia su Via della Ninna che su Via dei Gondi), poi nel 1494 e infine con l’arrivo dei Medici, nella persona del secondo duca della dinastia, Cosimo I, quando si assiste ad un importante rinnovamento degli ambienti interni e all’ampliamento del Palazzo.
I Medici e Palazzo Vecchio
Certamente Piazza della Signoria potrebbe denominarsi “Piazza dei Medici”. Entrandovi, infatti, ci accoglie sulla sinistra il monumento equestre bronzeo di Cosimo I e, sempre Cosimo, si erge trionfante alla fine di essa, sull’arco del lato a mezzogiorno del Cortile degli Uffizi. Bisogna infatti considerare un’unica architettura la Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio e la Fabbrica degli Uffizi, con la quale non vi è stacco alcuno grazie alla naturale continuità a ponente con la Loggia dei Lanzi e a levante con il corridore di Giorgio Vasari, non mero esecutore dei progetti propagandistici di Cosimo I, ma mente attiva e braccio rapido nel rispettare le incalzanti committenze del suo mecenate.
Entrando, dicevamo, nella Piazza, ci accoglie Cosimo I, insieme alla lucente fontana del Nettuno, opera magistrale di Bartolomeo Ammannati, prima fontana pubblica per la Città, esaltante la politica estera del duca, ritratto nel volto del dio del mare. La copia da Donatello del Marzocco che tiene lo scudo con l’iris – simboli di Firenze – e la Giuditta e Oloferne, essa stessa copia da Donatello, accompagnano il nostro sguardo al David che Luigi Arrighetti realizzò nel 1910 in sostituzione dell’originale di Michelangelo. La decorazione scultorea dell’arengario del Palazzo della Signoria si chiude con Baccio Bandinelli: suo l’Ercole e Caco, come il Nettuno dell’Ammannati commissionato da Cosimo I.






La forza del potere mediceo sulla città
Efficacissima, dunque, la comunicazione del futuro primo granduca Cosimo I dei Medici, che con finezza, nel non voler manifestare direttamente il tirannico potere ai fiorentini, non appone alcuno stemma Medici in facciata – anzi lascia gli stemmi della democrazia comunale, ancora oggi visibili sotto le arcatelle – ma diffonde la sua presenza nella Piazza (e nella Città tutta) attraverso simboli, gesta e miti già esistenti, come Ercole, che alludevano certamente a lui e alla sua famiglia, ma non direttamente (il monumento equestre bronzeo che lo ritrae fu realizzato post mortem da Jean de Boulogne – naturalizzato Giambologna – commissionato dal figlio Ferdinando I nel 1587).
Il futuro primo granduca nel 1545 commissiona a Benvenuto Cellini il bronzeo Perseo. La testa della Gorgone esposta quasi sulla Piazza esprime la forza del potere mediceo contro i nemici repubblicani. Saranno Francesco I de’ Medici, commissionando a Jean de Boulogne il Ratto delle Sabine e poi il fratello Ferdinando I, con Ercole ed il Centauro (sempre di mano del maestro fiammingo) a proseguire l’arricchimento della Loggia dei Lanzi, poi completato con pregevoli opere di arte romana come Patroclo e Menealo e le sei figure femminili (interpretate come Sibille o Vestali e giunte a Firenze nel 1789 da Villa Medici a Roma) e con il Ratto di Polissena di Pio Fedi (1865).
Visita a Palazzo Vecchio
La Piazza ci accoglie dunque con una diffusa presenza dinastica e con la mole architettonica del Palazzo che nel corso del tempo ha avuto varie denominazioni. Palazzo dei Priori, Palazzo della Signoria, Palazzo di Piazza e poi, solo nel XVIII secolo, quando ormai da oltre cento anni i Medici abitavano in Palazzo Pitti, Palazzo Vecchio.
Entrando dall’ingresso principale, dalla Piazza, di colpo il profilo basso dell’austero blocco in pietra forte svela tutta la magnificenza e il fasto del potere mediceo, che si mostra chiaro levando lo sguardo sulla destra, sulla parete meridionale del chiostro di Michelozzo, attraverso il chiaro delinearsi dello stemma granducale. Il Cortile viene affrescato e decorato sotto la direzione di Giorgio Vasari, nell’ambito del grande rinnovamento dedicato alle nozze tra Francesco I de’ Medici e Giovanna d’Austria (1565), unitamente alla realizzazione del Corridoio Vasariano e del restauro e ampliamento della Sala Grande, il Salone dei Cinquecento. Lasciando il Cortile (d’obbligo una sosta col naso all’insù verso la torre, anzi, le due torri) proseguiremo sulla destra salendo la comoda scala piana vasariana, dalla bassa alzata.
Il Salone dei Cinquecento


L’ingresso al Salone dei Cinquecento lascia sempre senza fiato. Entrando nella grande Sala (alta 18, larga 23, e lunga 54 metri) ci ritroviamo circondanti dal potere. Potere economico – copioso l’uso della foglia d’oro, sfavillante di ricchezza e prestigio – potere militare – scene di cruente battaglie sono raffigurate sugli affreschi alle pareti e all’estremità laterali del soffitto ligneo (Battaglia contro Pisa e Battaglia contro Siena) – potere politico. Al centro del soffitto (rialzato sotto la direzione vasariana, che quasi raddoppia l’altezza della Sala, commissionata nel 1494 dal Savonarola a Simone del pollaiolo e definita dal maestro aretino cieca di lumi e, rispetto al corpo così lungo e largo, nana e con poco sfogo d’altezza) ecco Cosimo I, nella sua apoteosi: seduto su una nuvola, incoronato da angeli con foglie di quercia, sotto di lui sottomessi stanno gli scudi con i simboli delle corporazioni, simboleggianti l’ormai passato potere politico. Dunque, Cosimo I al centro della Sala più pubblica del Palazzo, la sala delle udienze, dei banchetti e degli affari, la sala dove il potere doveva essere manifesto e dove il profilo mediceo si fa altissimo.
Il Salone dei Cinquecento, prima dell’arrivo di Cosimo I, aveva visto i più grandi maestri, Leonardo e Michelangelo, affrontarsi in quella che Cellini definisce la scuola del mondo (1504). I due Maestri avrebbero dovuto affrescare sulla parete ovest la Battaglia di Cascina e la Battaglia di Anghiari, che poi, per motivi diversi, non saranno portate a compimento.
Numerose le sculture allogate nel Salone, le storie di Ercole costituiscono il suo fulcro iconografico, principale ma non esclusivo. Troviamo infatti il Genio della Vittoria di Michelangelo e il gesso di Firenze vittoriosa su Pisa di Giambologna.
Lo Studiolo di Francesco dei Medici
Dal Salone oggi si accede ad un raffinatissimo e privato ambiente un tempo dedito al collezionismo di Francesco I de’ Medici, Lo Studiolo. Questa camera privata, il cui accesso era esclusivamente dagli appartamenti del Granduca e priva di fonti di luce naturali, ha la forma di uno scrigno, all’interno del quale sono raffigurati i quattro elementi naturali ed erano conservati i tesori e le meraviglie di Francesco I, intellettuale e alchimista, dalla personalità piuttosto schiva agli affari politici.


Gli Appartamenti degli Dei Terrestri, gli Appartamenti degli Dei Celesti e gli Appartamenti di Leonora di Toledo
Gli Appartamenti degli Dei terrestri, un tempo riservati agli ospiti di corte, terminano la visita del secondo piano del Palazzo. Dalla Sala dedicata a Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico e primo papa Medici, salendo le scale e ammirando la natura dipinta sui soffitti, arriviamo ad un bivio: sulla sinistra gli Appartamenti degli Dei Celesti (perfettamente speculari a quelli degli Dei Terrestri) col magnifico terrazzo di Saturno, un tempo giardino pensile, sulla destra il ballatoio che conduce agli appartamenti della Duchessa Leonora, moglie amatissima di Cosimo I. La prima camera dell’appartamento di Leonora che si trova è la Camera Verde, la più privata del suo quartiere e dunque in origine l’ultima, iniziando difatti ciascun quartiere (quello sottostante di Cosimo era disposto allo stesso modo) dalla camera più pubblica a quella più privata. Questa camera, che oggi si presenta ai nostri occhi intonacata di verde, doveva invece presentare magnifici trompe-l’oeil con vedute campestri, da lei molto amate, da cui il nome dedicato. Dalla camera, decorata con grottesche arricchite da elementi del mondo naturale (frutti, ghirlande, animali esotici) si accede al suo studio, al Corridoio Vasariano (che lei purtroppo non vedrà) e alla sua Cappella privata magistralmente dipinta e affrescata dal Bronzino, pittore ufficiale di corte, che con le Storie di Mosè esalta il programma politico di Cosimo, nuovo Mosè per il popolo fiorentino.


Le storie di donne – le Sabine, Ester, Penelope e Gualdrada – dovevano essere monito sulle virtù femminili come la fedeltà e la lealtà, per le dame e le figlie di Leonora che potevano accedere al suo appartamento. Passeggiando tra queste sale troveremo arredi diversi rispetto a quelli del tempo della duchessa. Dobbiamo immaginare gli arazzi alle pareti, per scaldare e decorare le camere e pochi mobili, secondo l’uso del tempo di lasciare le sale libere. Nella Sala di Ester una scritta che abbraccia le quattro pareti ricorda la duchessa: “Eleonora di Toledo seconda duchessa di Siena e Firenze” recita la dedica, adornata da putti che giocano con le lettere componenti la scritta.
La Sala di Gualdrada
La Sala dedicata a Gualdrada, simbolo virtuoso di rigore morale, è decorata dal pittore fiammingo Jan Van der Straet (chiamato a corte Giovanni Stradano) con Piazze e luoghi tra i più celebri della Città, intervallati dagli stemmi medicei: Piazza della Signoria, Piazza Santa Croce, Ponte Santa Trinita, Piazza del Mercato Vecchio, Palazzo Medici, Piazza del Duomo, Piazza Santa Maria Novella, Piazza Santo Spirito.
La Cappella dei Priori e la Sala delle Udienze
Attraversando il corridoio che ospita la teca con la maschera mortuaria di Dante si giunge alla Cappella dei Priori, dedicata al loro Santo patrono di cui si conservano le reliquie, San Bernardo, e alla Sala delle Udienze. I magnifici i soffitti lignei furono intagliati da Giuliano da Maiano, autore insieme al fratello Benedetto delle porte, realizzate secondo la mirabile arte dell’ebanisteria, che ritraggono Dante e Petrarca, mentre Francesco Salviati fu incaricato da Cosimo I di affrescarla con le Storie di Furio Cammillo.
La Sala dei Gigli e la Sala delle Carte
La Sala dei Gigli e La Sala delle Carte chiudono il percorso museale, che può essere arricchito con la salita alla Torre di Arnolfo, vista mozzafiato e salto nel tempo medievale, unitamente al suggestivo percorso archeologico, al quale si accede dalla biglietteria.
La Sala dei Gigli affascina per la diffusa presenza dei gigli francesi, la bronzea donatelliana Giuditta, gli affreschi di Domenico del Ghirlandaio che raccontano tracce di Firenze: la facciata del Duomo di Arnolfo, i suoi simboli, personalità importanti per la Città come il Santo arcivescovo Zanobi.




Quella preferita di Cosimo I, la Sala delle Carte, è denominata nei documenti in modo vario delle Carte geografiche, del Globo, della Guadaroba. Si tratta infatti di entrare nel mondo in una stanza, dipinto dai cartografi Ignazio Danti e Stefano Buonsignori rispetto alle conoscenze della seconda metà del XVI secolo. Queste magnifiche carte decorano gli armadi del primo ambiente della Guardaroba medicea, concepito e non completato, che Cosimo I avrebbe voluto come una sorta di grande libro di Geografia: sotto le carte dobbiamo immaginare dipinti i fiori ed i frutti dei paesi corrispondenti e sopra gli armadi la serie gioviana degli Omini Illustri, poi collocata al secondo piano del corridoio di levante della fabbrica degli Uffizi.
Il Palazzo è dunque scrigno di storia fiorentina e medicea, prezioso tassello del vario mosaico che compone la storia di Firenze.
Visita Palazzo Vecchio
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